Allergia al lattice: sindrome “Latex fruit” e cross sensibilità tra lattice ed alimenti

Quando si parla di allergia al lattice si pensa solo ad oggetti di gomma come guanti e palloncini. Eppure il rischio viene anche dal cibo che portiamo in tavola. Il motivo è la cross-reattività legata alla presenza di chitinasi di classe I. In buona sostanza nel lattice e in alcuni alimenti c’è un minimo comune denominatore capace di scatenare la stessa reazione.

Sono state identificate come allergeni 13 proteine del lattice che hanno ricevuto una nomenclatura internazionale (Hevein o Hev b da 1 a 13).


Per quanto concerne la sindrome “Latex fruit” si ritiene che la cross-reattività sia legata alla capacità delle Ige di riconoscere epitopi strutturalmente simili presenti in diverse proteine filogeneticamente correlate o che rappresentino strutture conservate nel corso della evoluzione. La più importante base molecolare della sindrome lattice-frutta è l’omologia tra le eveine del lattice, in particolare la Hev b 6.02, con le chitinasi di classe I, proprio perché presentano il 70% di identità. Pertanto è possibile che soggetti sensibilizzati al lattice presentino contemporaneamente delle sensibilizzazioni a chitinasi alimentari.

L’elevata omologia di queste proteine con vegetali è causa di un’elevata cross-reattività.

Le chitinasi sono labili al calore e rapidamente degradate in sede gastrica, per questo le reazioni cliniche sono spesso localizzate alla sfera orale e ristretta ad alimenti consumati crudi come frutta e vegetali (banana, kiwi, avocado ecc.).

Questa forma di allergia negli ultimi anni si è posizionata al primo posto per l’incidenza nella popolazione adulta, rappresentando il 14% di tutte le allergie alimentari.

Se si considera che la frequenza complessiva di allergia alimentare negli adulti è del 2%, il numero di persone che soffrono attualmente di allergia crociata lattice-frutta è di circa 3 su 1000. Al momento che si sospetta di essere allergici al lattice è fondamentale rivolgersi ad un allergologo che dopo un’accurata anamnesi e valutazione allergologica (tramite vari test) definirà il protocollo terapeutico da seguire. Successivamente in alcuni casi può risultare opportuno fare una visita con il nutrizionista che stabilirà se è necessario o meno, in base al referto dell’allergologo, elaborare un piano alimentare adeguato. Le restrizioni dietetiche sono necessarie solo ed esclusivamente nei casi in cui l’ingestione di tali alimenti comporta sintomi allergici conclamati come ad esempio prurito ed edema.

L’obiettivo del piano alimentare è quello di recuperare la tolleranza nei confronti del lattice, rieducando il sistema immunitario.

Per fare questo è utile seguire inizialmente un’alimentazione che escluda il più possibile i cibi che contengono lattice, facendo attenzione di non cadere in condizioni carenziali. Il lattice è presente soprattutto nella frutta e verdura, l’esclusione di questi alimenti, dunque, potrebbe causare delle carenze vitaminiche. La durata di questa alimentazione varia in relazione al singolo paziente. Successivamente e in maniera graduale verranno reinseriti tutti gli alimenti che con contengono il lattice. In letteratura gli elenchi di questi alimenti si diversificano leggermente l’un l’altro con integrazioni ed omissioni. Tra gli alimenti indiziati troviamo la frutta (ananas, avocado, banana, castagna, ciliegia, fico, frutto della passione, kiwi, mango, mele, melone, noccioline, papaia, pera pesca), la verdura e gli ortaggi (aneto, sedano, peperone dolce, pomodoro, rape, spinaci), le erbe aromatiche (origano, salvia) e i carboidrati (frumento, grano saraceno, patata).

Per non vanificare il lavoro fatto con l’alimentazione dobbiamo fare attenzione anche alle piante (Marsdenia Condurango, Ficus Benjamin, Euphorbia pulcherrima meglio conosciuta come stella di Natale) e agli oggetti e agli utensili con cui entriamo quotidianamente in contatto (guanti, elastici, cerotti, gomma, ciuccio, palloncini).